I tuoi fantasmi cercano te
Perché lo faccio?
Me lo chiedo spesso. Di solito, evito di rispondermi. Semplicemente, metto il magnesio e mi preparo a farlo. Uso la musica come anestetico, attivo la modalità “random” e premo su “play”. Questa volta è uscito Cremonini…
Poteva andar peggio. La mia libreria musicale riserva sorprese! Parte “Silent Hill”. L’album è “Possibili scenari”, ma questo pezzo non lo ricordo.
Poco male, mi serve solo come “compagnia”… Perché?
Ma perché… da due mesi son tornato a “far” del noiosissimo trave. E sembra non bastare. Non basta mai, a dire il vero, ci vorrebbe altro, però, mi rifiuto di toccare il Moon – c’è un limite a tutto – per una mia dignità che almeno su questo punto, cerco di difendere… Vista da fuori sembrerebbe coerenza ma quando ho il fegato di guardarmi dentro, non sbaglio di una virgola se la chiamo “resistenza”… sì, inutile resistenza al cambiamento. Cambiare idea è spesso segno di intelligenza… ma adesso e meglio lasciar perdere ragionamenti inopportuni.
Parte la canzone e con lei parte anche il mio “tabata” da otto
-ripetute-per-sette-secondi-di-tenuta-e-tre-di-riposo. Il tutto da ripetere almeno tre volte, mentre Cremonini attacca con:
Hanno ragione
Giù nella valle dicono che non puoi scappare
I tuoi fantasmi cercano te…
Ma cosa canta! Ha un bel dire lui… sono in semiarcuato e penso che posso ben scappare dai miei progetti/fantasmi… e quando voglio per giunta! Mi basta salirli! Facile no?
Per questo motivo oggi resto leggero, faccio pranzo e cena con due barrette. Domani, si spera, volerò anche sugli appigli. O forse mi mancheranno le forze e quindi magari… è meglio se butto dentro qualcosa.
Non so. Trent’anni che scalo e ancora non lo so. Appena metto nel mirino una via e mi avvicino a realizzarla, è come se qualcosa si inceppasse. Quasi come se non volessi veramente porre fine ai miei progetti. In fin dei conti: è una via.
Una via. Una delle tante, da affrontare una alla volta: sono “monogamo” sequenziale…
Ultima tenuta della prima serie… 3,2,1, via!
Mi chiedo cosa mi spinge a questo. Permetto allo sport di spandersi in ogni mio gesto quotidiano. Non ha senso. È un’iniezione di non senso, un’intramuscolare che infilo nelle fibre ben coordinate delle mie abitudini.
Non hai davvero paura
Finché non sai davvero chi sei
Non hai davvero paura
Finché non sai davvero chi sei
Le abitudini sociali, quelle date per scontate: colazione, pranzo, cena…
Mi risuona l’intro di Trainspotting: “Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera […] scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare… alla fine scegliete di marcire… di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete pigliato per rimpiazzarvi…”
Ecco si! Le abitudini, quelle con l’etichetta del “Consorzio Buon Senso”, sono rotte dai pensieri che si assembrano alla visione di quel rovescio che sfioro tutte le volte con la mano destra. Poi, il niente prende forma e si cade sulla corda. È l’istante in cui l’azione smette di essere mia, in cui non riesco a scegliere il futuro, è il puzzle delle mie certezze che esplode. Posso volere quanto e più dell’Alfieri… Sempre e fortissimamente, ma quando cado… devo per forza essere altro da me. Lavoro, stato sociale, studi fatti… Non sono mai nessuno quando cado. Lo sono prima, lo sono dopo, quando sono appeso alla corda. E spesso non mi riconosco. In quel passaggio, nel mentre del volo, mi esce dalla bocca qualcosa che non mi appartiene: la vergogna, la mia miseria.
Dalle colline [Da quegli appigli]
Soffia una voce e dicono che
Non puoi scappare
I tuoi fantasmi cercano te
Eppure cerco questo “stato d’animo” perché dice qualcosa di me. Lo dice con parole che si nascondono tra i grugniti, gli sbuffi e, a volte, anche nei silenzi. La paura, sì, la paura mi parla di me in una lingua straniera, fatta di parole nuove che non nascono dalle nostre ipocrite convenzioni sociali. L’assurdità di quello che faccio fa breccia in un mondo realmente assurdo. Un momento di gratuita inutilità fa cadere la maschera a quell’insieme di conformismi che danno forma alla nostra vita. Ci spendiamo per una vita razionale… ma l’emozione… eh, l’emozione sgorga altrove da altri rubinetti che non hanno a che vedere con il lavoro, il produrre e tutte le convenzioni elette a regole di vita.
Non puoi scappare
I tuoi fantasmi cercano te
Cercano te
Cercano te
Cercano te
Quell’appiglio che mi disarciona dal tiro, quell’appiglio che mi entra nel polpastrello fino quasi a tagliarlo, quell’appiglio duro come il mio avambraccio quando arrivo a tentare di tenerlo. Quel maledetto appiglio cerca me. E su quell’appiglio faccio comunione, torno materia che si confronta con materia: ghisa Vs roccia.
Trovo buffo pensare che tanto più è inutile quello che sto facendo, tanto più ha senso farlo. L’assurdo contro l’assurdità, meno per meno: più. La via da salire smette di essere “via” e diventa “ma vie”, in francese a coniugarsi con gli “allez” che arrivano dal basso. La mia vita detta in altra lingua. La via mi chiama alla vita. Mi cerca. Mi stana. E mi trova. Certo che mi trova, quando ho il coraggio di perdermi fino in fondo, di essere definitivamente solo, senza terra, senza linguaggio, senza senso… materia contro materia.
Non hai davvero paura
Finché non sai davvero chi sei
Non hai davvero paura
Finché non sai davvero chi sei
Trave, Tavor, Xanax, Valium… solo il primo mi riconnette con umiltà a ciò che sono diventato. Gli altri? dicano pure che son pazzo… oggi mi parlo in francese e domani chissà.
Ecco perché lo faccio!
Perché imparo le lingue del mondo immergendomi nelle mie paure e nelle mie angosce da prestazione.
Perché mi distraggo dall’assurdo quotidiano, sprofondando nelle mie interiorità, guardando con stupore le mie battaglie tra emozione e ragione, tra ansia e anestesia sociale.
Maledetto Cremonini, ti tolgo dalla mia libreria!
Andrea Tosi
N.B. Articolo scritto per la rubrica “Divagazioni” del King Rock Journal.
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