“Ceraino è stata l’evoluzione, il distacco dalla tradizione. La nostra ricerca di novità si è concentrata lì e lì abbiamo utilizzato il primo spit”.
Anche la prima sistemazione di Stallavena, con relativa pubblicazione della prima guida cartacea, ha rappresentato un momento miliare per la Verona dei rocciatori: prima c’erano solo una quindicina di vie, malamente attrezzate, ma teniamo presente che anche dopo questa sistemazione la calata “moulinette”, oggi standard, non era ancora presente in quanto questa pratica non era ancora conosciuta!
In questa rivoluzione Beppo non era solo, ma era confortato dal nascente dal gruppo dei Nani, fra i quali spiccava, per capacità, innovazione e carisma soprattutto Bruno Bettio, senza peraltro dimenticare Stefano e Cristiano Tedeschi oltre a Michele Macrì – non dimentichiamo che Bruno e Michele furono gli autori della splendida via Carmina Burana alla Chiusa di Ceraino.
All’incirca nel 1985 il Beppo pian piano spostò l’attenzione dalle vie a più tiri alla nuova concezione dell’arrampicata in falesia, ovvero un’attività non più propedeutica alle lunghe scalate in ambiente, bensì fine a se stessa, quella che oggi chiamiamo arrampicata sportiva.
A Stallavena mise a frutto l’esperienza accumulata nelle falesie del Verdon. Valorizzò queste storiche pareti sistemando le vie già presenti ed aprendone molte altre nuove, così il numero degli itinerari salì da una quindicina a più di novanta! Il lavoro venne temporaneamente concluso nel 1987 con la pubblicazione di una guida aggiornata, dove chiude la presentazione con un canzonatorio e mai rispettato: “vado in pensione!”.
Da allora le ondate di richiodature a Stallavena, e di relative pubblicazioni di guide per recuperare i soldi spesi in materiale, si sono susseguite periodicamente fino ad arrivare alle odierne 196 vie, di ottima chiodatura effettuata sempre da Beppo in maniera molto precisa, con coscienza e cognizione.
E’ importante evidenziare che, a Stallavena ma anche in altre falesie veronesi, non tutte queste vie sono state aperte dal Beppo ma sicuramente tutte sono state sistemate e richiodate da lui: insomma se non era il primo salitore sicuramente ne è diventato il “richiodatore”… e questa è un pò come la differenza tra padre biologico e padre adottivo. Ma in qualunque modo giriamo la frittata, si tratta sempre di lavoro, impegno, passione, rispetto ed attenzione, quasi maniacale, verso un territorio che ci regala piacevoli ed indimenticabili sensazioni di benessere.
Nel frattempo Beppo, dopo la prima esplorazione iniziale di Ceraino, dal 1978 al 1984, ritorna alla Chiusa nel 1988-1989, per una massiccia chiodatura di nuovi itinerari, ma in quest’area sta aprendo anche Sergio Coltri, l’astro nascente, e questo darà origine alla prima guida di Ceraino co-firmata da Beppo e Sergio (1989).
Nel frattempo l’opera di chiodatura e richiodatura di Beppo si estende a quasi tutte le falesie veronesi incluso Ceredo. Qui a Ceredo i primi itinerari sportivi vengono aperti da Beppo e Michele Campedelli (Peci), subito affiancati da Fabio Dal Maso, Giampaolo Pesce, Stefano Zanini (Nino) ed Emanuele Sartori (Lele), fratello di Nicola. Sempre a Ceredo fa crescere i giovani (di allora) leoni, Luca Gelmetti, Andrea Tosi e Nicola Sartori (Nicolino).
E’ anche importante evidenziare che il Beppo amava alternare il tavolo di studio al trapano e quindi ha collaborato ad un primo corso di arrampicata sportiva nel 1988, ha fatto suo il manuale francese Cosiroc sulla chiodatura dell’arrampicata sportiva ed ha pure “lavorato” in valle del Sarca come chiodatore nel 1990.
Passano gli anni e l’azione del Beppo aumenta, sia in quantità che in qualità, arrivando anche a spendere lunghe e davvero faticosissime giornate sulle fantastiche vie multi-pitch del monte Cimo e anche qui una fantastica dettagliata guida, ad oggi ancora la migliore, suggella questo lavoro titanico (1999).
Per concludere, è più facile elencare le falesie sulle quali il Beppo non ha mai messo le mani rispetto a quelle entrate nella sua sfera di azione.
Anche se abbiamo focalizzato principalmente la nostra attenzione sulla sua attività in falesia, negli anni ha sempre coltivato, a fasi alterne, la passione per le vie lunghe, viaggiando ed arrampicando ora in Val d’Aosta, ora in Piemonte, ora in Svizzera ed ovviamente ogni tanto in Dolomiti.
Ma lasciando un attimo da parte la sua prolifica attività di arrampicatore e chiodatore, è significativo riportare diverse riflessioni per capire il Beppo-pensiero.
Sulle sue famose guide: “Ho scritto queste guide per tentare di fare ordine, più che per recuperare i soldi investiti in materiale. Mi dispiace molto non aver messo i nomi degli apritori e le date di apertura ma ho voluto coprire gli autori da eventuali problemi legali. In fin dei conti ho fatto tabula rasa della storia. Io stesso non mi ricordo più chi le ha aperte e quando. Sì! E’ stato un errore ma non si poteva fare diversamente!”
Sulla sua chiodatura: “I chiodi ogni 2 metri e mezzo sono l’arrampicata sportiva, mentre oltre i 3 metri sono alpinismo, perché su terreni classici non perfettamente verticali o strapiombanti non sai come potrai cadere.. I primi spit sono quelli più pericolosi dove se cadi arrivi a terra… Una volta ci pensavamo poco. Ora ovviamente sono cambiato, uso il casco, e venendo meno l’allenamento vedo i pericoli che una volta sottovalutavo. Questo ha un pesante impatto sulla mia chiodatura odierna.”
Perché chiodare? “A me piace creare delle linee di arrampicata… e ogni chiodatore finisce con il ritrovarsi in almeno una di queste tre caratteristiche: “edonista”, cioè un atteggiamento auto-incensante, “altruista” cioè impiegare il tempo per la comunità ed “egoista” poiché ho messo i chiodi lì, quella via mi appartiene.”
La sua carriera: “Sicuramente nella mia vita ho più chiodato che arrampicato, spesso in condizioni difficili! Ad esempio, mi ricordo che il 31 dicembre del 1999, al pomeriggio, dopo il lavoro, ero a Ceredo Alta a chiodare malgrado il tempo infame. Quando sono sceso dalla parete, al buio e da solo, c’erano ben 30 centimetri di neve fresca… ed arrivato alla macchina non è stato così semplice tornare a casa.”
Tempi moderni: “Ai nostri giorni in tre mesi si riesce a compiere il percorso evolutivo che allora si poteva fare in tre anni. Ma oggi si vede chiaramente che la storia, alpinistica e delle nostre pareti, è andata perduta e non interessa più a nessuno. Vedo una massa di arrampicatori, intruppati e massificati. Ma è il segno dei tempi attuali e non è certo colpa loro.”
Stallavena, quante volte è stata richiodata? “Dapprima sono stati infissi i chiodi. Poi ho fatto un giro a cementarli tutti. Infine vi è stata la tornata degli spit infissi a mano. Finalmente ho poi ripassato e sostituito con fix del 10. Alla fine siamo arrivati ai fix del 12”.
Il Beppo in cifre: una stima per difetto porta a ritenere che abbia infisso oltre a 10.000 (diecimila) spit in quanto ha sicuramente rivisto almeno 1.000 (mille) tiri. Se vi sembra una stima generosa pensate alla sola Stallavena, aggiungete Ceraino, Placca d’Argento, Ca’ Verde, Pilastri di Montecchio e Monte Comun, Marciaga, Ceredo, Avesa, val Galina, val Borago… Inoltre le vie multipitch del Monte Cimo. Se poi usciamo dal territorio veronese lo avremmo trovato impegnato nella falesia vicentina di Barbarano, in falesie a Finale Ligure, in falesie in Valle del Sarca, su vie nuove o richiodate alle Placche Zebrate e a Malcesine…
Sebbene conosca il Beppo da moltissimi anni, alla fine non conosco quasi nulla della sua vita privata, stante il suo carattere timido, riservato, forse burbero, ritroso ad ogni intervista o uscita pubblica, ma sempre pronto a dispensare buoni consigli e divertenti aneddoti. Se volete sapere qualcosa in più di lui, vi consiglio di leggere le sue introduzioni alle guide nelle quali sono presenti suoi commenti, a volte caustici, a volte divertenti ma che indubbiamente fanno emergere la sua vera personalità. Insomma è un personaggio che, dietro alla scorza dura e selvaggia, ha un grande cuore ed una generosità davvero smisurata.
Per concludere, se l’opera del Beppo è stata monumentale e su questo non vi è ombra di discussione, mi piace pensare che non è stata un’opera titanica solitaria ma che, specie chiodando a Ceredo, ha avuto giovani amici, Luca Gelmetti, Andrea Tosi e Nicola Sartori in primis, che hanno da lui appreso e con i quali continua un dialogo costruttivo che ha dato origine alla neonata associazione Arrampicata Verona APS.
Massimo Bursi (attingendo anche da appunti di Mariana Zantedeschi)
N.B. Articolo scritto per la rubrica “C’era una volta” del King Rock Journal.
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