Agorà Medical

Agorà Medical: ovverossia la via al momento più impegnativa del nuovo settore Carta Vetro alla Cà Verde, settore recentemente riscoperto e riattrezzato da Arrampicata Verona APS.

Di questa sua nuova via me ne parla Andrea, si proprio lui, il mitico Andrea Tosi; mi dice che è una via da provare, con dei passaggi molto duri, su piccoli buchi e conclude “sarà un 6c+, ma gli appigli da tenere sono molto, molto piccoli”.

Ovviamente quella mezza frase appena abbozzata serve per accendere la mia fantasia competitiva e, malgrado l’umido, malgrado le temperature oramai troppo elevate che consigliano una fresca arrampicata in montagna, non posso non andarci.

Il settore Carta Vetro finisce verso sud con un bel torrione alto e strapiombante ed esattamente sul versante di sinistra corre la via Agorà Medical: un chiaro omaggio a questo centro di fisioterapia che sostiene, non solo come sponsor, la nostra associazione Arrampicata Verona.

La via parte con una bella placca grigia, appoggiata, lavorata, di facile arrampicata. Poi, là dove, su roccia rossa, la parete diventa verticale, l’itinerario diventa decisamente più impegnativo ma ancora ben comprensibile.

Con un certo equilibrismo si traversa sulla sinistra su roccia strapiombante gialla fino ad un bell’appiglione da prendere a due mani: qui si riposa e si guarda in su!

La prima volta che sono arrivato qui, non ci ho capito nulla: buchi taglienti a sinistra, al centro e a destra e ho faticato a capire la linea. Sono salito lanciandomi a fatica da uno spit all’altro, e li ho trovati pure distanziati, inchinandomi di fronte allo stile del Tosi. Sono arrivato in sosta distrutto.

L’ho riprovata da secondo, salendo tutto a sinistra, ma arrancando pietosamente.

Ne avevo avuto abbastanza: ho classificato la via come un bel boulder problem strapiombante, forse non fattibile per me, concludendo che dovevo allenarmi meglio e di più.

Poi torno il mese successivo: e questa volta so cosa mi aspetta.

Velocemente arrivo sotto allo strapiombo e questa volta decido di passarlo a destra, molto a destra rispetto agli ultimi due spit, dei tre, che trovo critici.

Dal basso mi urlano di passare al centro, esattamente lungo la linea degli spit: non hanno torto ma ormai sono troppo alto e quindi mi lascio andare alla gravità terrestre.

C’è caldo, troppo caldo e mi basta vedere un raggio di sole per decretare che anche per oggi ne ho abbastanza.

Ma, calandomi, ho modo di apprezzare la saggia chiodatura, davvero ben posizionata da Andrea, degli ultimi tre spit: se li ha messi così è proprio lì, al centro, che si deve passare, non sono certamente messi a caso.

Nel frattempo anche i miei amici provano e Lisa scopre proprio al centro un bel bidito che a me sembra essere proprio quell’appiglio che mi manca e che non riuscivo a scovare.

Nel tentativo dell’uscita successiva mi decido di passare al centro, nel cuore del bombè strapiombante.

Mi riposo sulla presa buona, salgo con arrampicata laterale su una ottima tacca con la mano destra, accoppio con la sinistra e allungo la mano destra su un bel appiglio “da spallare”.

Spacco con i piedi in maniera delicata su appoggi rivolti verso il basso.

Allungo la mano sinistra su un bidito da “spallare”, molto faticoso e assai scomodo.

Alzo la mano destra fino ad incontrare un monodito davvero doloroso.

Non ci sono tracce di magnesite, qui non vengono i forti, qui viene il popolo del 6a e questa via non la provano.

Moschettono il primo spit del bombè, rischiando un bel volo.

Alzo i piedi sempre in spaccata e, allungandomi al massimo sulla sinistra trovo una specie di goccia che ospita ben due dita: è la goccia suggerita da Lisa, la goccia tagliente che mi consente di arrivare ad una buona lista.

Con la destra arrivo alla lista risolutrice e moschettono il secondo spit.

Non è finita: ora seguono un paio di metri vagamente in Dulfer, veramente ostici, con i piedi barbaramente messi sulla destra e le mani che seguono una fessurina dove a fatica riesco ad incastrare le mie ditone.

Ma salgo e quasi quasi mi sento fuori dalle difficoltà: mi dico “se arrivo a quel corno sporgente sulla destra e moschettono il terzo spit…”

Sento che i miei compagni dal basso smettono di incitarmi forse perché mi vedono oramai fuori dalle difficoltà ed è allora che mi scivola un piede, le mani provate non tengono e casco miseramente con il corno salvatore proprio davanti al naso.

Sarà per la prossima volta visto che oramai sono al sole (devo partire prima e non stare a letto con la mia ragazza il sabato mattina) ma ormai sento di aver risolto il problema ed apprezzo ancor di più la linea astuta disegnata da Andrea.

La volta successiva, ritrovo in parcheggio alle 7.30 e sono subito alle prese con il mio problema: alla fine si lascia salire penso perché stufo di vedermi sudare. Così alle nove tutto è finito grazie anche alla fresca brezza della Val d’Adige e, finché moschettono la catena, mi chiedo quanto sono stato ingenuo o pirla a cadere a due metri dalla fine.

Di tutti i buchi il più doloroso è proprio la goccia risolutrice all’altezza del penultimo spit, quello segnalato da Lisa, in cui ho tirato alla morte con medio ed anulare e, a distanza di due settimane, mi sento ancora l’ultima falange dell’anulare con una  certa parestesia: questo è il pedaggio che ho dovuto pagare a questa via.

Vabbè, farò un salto in Agorà Medical a farmi mettere a posto anche questo dito!

Massimo Bursi


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