Eldorado.
Dopo due mesi (abbondanti) di lavori per la “Mitigazione rischio idrogeologico linea Verona-Brennero”, la situazione è questa:
Chi quotidianamente per motivi di lavoro si confronta con i “posatori” di questo sistema di reti, afferma sicuro che: “il lavoro a terra è quasi del tutto finito”. Manca completamente la posa di una “corona” nella parte sommitale della parete. “Corona” fatta di paramassi e che verrà installata con l’aiuto di un elicottero. Questo è quanto. Inutile dilungarsi sul fraintendimento evidente circa la valutazione della solidità di una parete. Ciò che per un climber è sano, per Rete Ferroviaria Italiana è malato e bisognoso di cure. E sia!
Piuttosto, se mai sarà di nuovo possibile scalare in questo settore, ci sarà da fare i conti con qualche “golfaro” generoso utilizzato per ancorare i tiranti delle protezioni alla parete e con un panorama decisamente diverso.
Cose così, (da immaginare con relativo tirante):
Poco da aggiungere, se non qualche foto per alimentare qualche giusta riflessione – di largo respiro – sulla “società della sicurezza” e sulla “società del rischio”: due facce della stesa medaglia.
Società, la nostra, che nell’immaginare futuri possibili rischi si produce in opere che hanno la pretesa di gestire e controllare la sicurezza nel presente. Nuove consapevolezze dei rischi (veri o presunti) si riflettono in nuove richieste di sicurezza. Diventa evidente che la narrazione del rischio è benzina per la narrazione della sicurezza e di come quest’ultima sia ben più spendibile a livello politico e mediatico. Quando accade qualcosa, quando un potenziale pericolo passa all’azione provocando danni, i diversi discorsi sul rischio/sicurezza difesi dalle opposte interpretazioni – roccia sana/roccia marcia – entrano in competizione per vincere.
La posta in palio è l’imposizione della propria narrazione e la messa in opera della relativa soluzione.
Andrea Tosi