In ricordo di “tre amici”.
Due agosto 1993. Monte Bianco, versante sud-ovest della parete sud delle Grandes Jorasses, 3.200 metri di altezza, ore 4.15.
La notte è calda e un enorme seracco si frantuma in migliaia di blocchi che colpiscono 8 sfortunati alpinisti. Sono forse le prime conseguenze di un cambiamento climatico che mai avremmo immaginato.
Tre nostri amici Andrea Stocchiero – 28 anni, Paola Manzati – 25 anni, Davide Tomelleri – 24 anni, muoiono in questo tragico evento che oltre a colpire le famiglie, investe la ristretta comunità alpinistica e arrampicatoria di Verona. Sono ragazzi molto noti nell’ambiente. Andrea, allievo di Beppo Zanini, era anche nell’organico della Scuola di Alpinismo CAI “Gino Priarolo”.
Colpito dalla tragedia, Beppo Zanini si mette all’opera. Già nell’autunno dello stesso anno attrezza una parete ancora intonsa in zona Ceredo. La falesia sarà poi inaugurata, con tanto di targa, nell’anno successivo e da allora è chiamata il settore dei Tre Amici.
Per parecchi anni la falesia viene frequentata assiduamente per entrare poi in oblio.
La vegetazione si mangia parte del sentiero di accesso e si riprende le vie ai settori laterali. I buchi che per un buon periodo si sono vestiti di bianco magnesio rimettono l’abito verde/marrone di foglie e terra.
Settembre 2023, trent’anni dopo.
APS Arrampicata Verona accoglie l’idea di rinfrescare la falesia e di commemorare il ricordo di questo tragico evento. Le finalità che animano l’associazione non si limitano squisitamente all’ambito “trapanatorio”, ecco quindi che dopo diverse giornate di disboscamento e manutenzione, sabato 30 settembre viene organizzata una piccola, informale, ma sentita manifestazione di ricordo.
Salgono i familiari, sale una nutrita rappresentanza di giovani e vecchi istruttori della Priarolo, salgono tanti amici per poi ritrovarsi, tutti stretti, sulla cengia in un folto ed affiatato gruppo.
La cerimonia è semplice, essenziale. Si alternano sul palco – o meglio, sulla cengia – il presidente di APS ed il suo segretario, Beppo Zanini, Maurizio Baccelli, i fratelli Manzati, Michele Tomelleri, Paola Marini ed infine Don Flavio Gelmetti.
E’ significativo vedere che il ricordo dei ragazzi rimane e traspare dalle emozioni, dagli aneddoti raccontati, dai ringraziamenti dei familiari e dalle parole di speranza di Don Flavio. Oltre al ricordo, emerge anche molto forte l’attaccamento al territorio, alla natura verticale, e, non ultima, l’attenzione alla sicurezza con il fine di poter praticare l’arrampicata sportiva abbassando i livelli di rischio.
Ai discorsi segue la simbolica riscrittura dei nomi delle vie sulle targhette da parte dei familiari ed amici.
Beppo Zanini guida e coordina il gruppo che si prende cura della pulizia della targa di ottone oramai ossidata.
Insomma, una bella giornata di condivisione che ha visto assieme giovani e meno giovani, arrampicatori e familiari dei ragazzi di questa tragedia.
Restano impresse le parole commosse del Beppo quando rievoca le lunghe ore passate su questa parete con la sensazione di avere Andrea “ovetto” al suo fianco.
Nel discorso di benvenuto si era parlato di coscienza collettiva, di un sentire comune che senza essere di qualcuno in particolare, vien condiviso da tutti. Anche Don Flavio parlerà di coscienza comune prima di passare ai salmi che vedono citata la roccia.
Si hanno forse poche occasioni, come questa, di toccare con mano lo “spessore culturale” della nostra attività, spesso celata dietro un velo di numeri, gradi, trapani e spit. Sulla cengia si misuravano invece le estremità, lo spessore, di un movimento che si riconosce attorno al gesto del salire in parete. Generazioni d’arrampicata veronese, dai fondatori ai giovani leoni, dalla scuola di arrampicata e d’alpinismo del CAI “Gino Priarolo” alla delegazione del King Rock, sono state immortalate dalle foto scattate da Elia De Guidi. E ci si sbaglia quando si pensa che fuori da quegli scatti son rimasti solo i tre amici. Loro, non se ne sono mai andati… come una coscienza collettiva, hanno smesso di essere amici di qualcuno in particolare per finire dentro a tutti i presenti in modo comune. Guardate bene le foto, in ogni sorriso, in tutti i sorrisi dei presenti ci sono loro: Andrea, Paola e Davide.
Per la nuda cronaca, APS ha sostituito le 14 catene di sosta con materiale certificato inox 12MM e moschettone di calata da 40KN, ha cambiato solo uno fix lungo le vie a testimonianza dell’ottimo lavoro svolto trent’anni fa da Beppo Zanini!
Sarà forse il caso di abbassare qualche prima protezione… vedremo in futuro, di certo ora la falesia è di nuovo fruibile così come il Beppo, in buona compagnia, l’aveva pensata.
Un ringraziamento doveroso a tutti i soci di APS, a WildClimb per il costante supporto e ad Agorà Medical che, oltre a supportarci con la convenzione verso i nostri soci per i servizi di fisioterapia e medicina riabilitativa, ha “adottato” questo settore e con il suo contributo ha permesso l’intervento con materiale certificato.
Ma di questo ne parleremo nel prossimo post.
Massimo Bursi & Andrea Tosi