Nell’ambiente delle gare Nicola conosce Rolando Larcher, che è parecchio avanti come mentalità e modalità di allenamento, e con lui, di tanto in tanto, si trovava per scalare.
Ed è proprio con Rolando Larcher, con Luca Giupponi, altro ex-compagno di gare, e con Nicola Tondini che Nicola Sartori si dedica al cosiddetto “alpinismo sportivo”, una fusione fra alpinismo ed arrampicata sportiva portata su lunghi itinerari aperti dal basso e chiodati a spit.
Con Nicola Tondini, i due Nicola formano una cordata fenomenale e usano la Val d’Adige come laboratorio per affinare le tecniche di chiodatura con trapano affidandosi, ove possibile, ai cliff. Nascono vie, da circa 200 metri, che sono autentici banchi di prova: nel 2004: “La passione” (7b+), nel 2006: “Giochi di equilibrio” (7c+), nel 2006: “Vola via” (8a+), nel 2007: “Via di Testa” (8b+), nel 2009: “Testa o croce” (8b), nel 2011: “Destini incrociati” (8a) e nel 2016: “Viaggio su Plutone” (8c) di cui Nicolino libera tutti i tiri nello stesso giorno.
Poi Nicola nel 2016 riesce a liberare un progetto aperto assieme a Sergio Coltri “Vagabondo per il mondo” (8a+) ben 29 anni prima, nel 1987, quando il già navigato Sergio assecondava le visionarie intuizioni del giovane ed emergente Nicolino…
Sono vie che, essendo state rigorosamente aperte dal basso, hanno richiesto giornate di tentativi per salire magari di pochi metri e per essere poi ripetute in continuità: appunto un bel laboratorio estremo.
Ovviamente la storia dell’arrampicata estrema in Val d’Adige non è certo finita e i due Nicola hanno altri progetti in corso che vedranno, faticosamente, la luce nelle prossime stagioni.
Con Rolando Larcher e Luca Giupponi, sempre con il medesimo stile, apre nuove vie: in Corsica (“Tafunata galattica”), in Turchia (“Nessuno”, “Radio Eksen”), in Sicilia (“Pompa funebre”, “La banda del buco”), in Sardegna (“Vertigine blu”), in Campania (“Benvenuti al sud”) sempre alla ricerca di lunghe pareti di calcare compatto.
Fra le tante vie aperte, l’esperienza più significativa è stata, nel 2012, fra le montagne desertiche dell’Aladaglar sul Vay Vay in Turchia, sulla via “Nessuno” (470 metri, 8a+) dove sono rimasti isolati per 10 giorni al campo base ed in parete senza vedere anima viva… appunto “nessuno”: un’esperienza forte ed una apertura significativa.
Un altro capitolo della vita di Nicola riguarda la scelta di diventare Guida Alpina, fatto avvenuto nel 2004. All’inizio Nicola non ci crede, ma Nicola Tondini e Franco Cacace lo “punzecchiano” affinchè partecipi alle selezioni. Per Nicola dopo gli anni di lavoro nella grafica che lo vedono per 8 o 10 ore attorno ad un tavolo luminoso, dopo una breve esperienza all’aria aperta lavorando nella potatura in altezza di piante assieme a Bruno Bettio, l’attività di Guida Alpina rappresenta il tentativo, riuscito, di lavorare in montagna.
Gli dà soddisfazione stare con i ragazzi, specie per lui che non ha figli, anche se ovviamente è molto faticoso riuscire a controllarli: poter trasformare i loro sogni in realtà portandoli lungo una via desiderata è una soddisfazione che non si può spiegare a parole. Ma anche tenere i corsi nella palestra del King Rock, significa stare sempre a contatto con i ragazzi e questo fatto è già stimolante.
Nicola non ama fare troppi tentativi di ripetizione sulle vie in falesia, o vengono subito o quasi subito o le abbandona. Questo è il motivo per cui malgrado le numerose vie estreme si porta a casa la prima via di 8c, “Thin Ice” a Terlago in Valle del Sarca solo nel 2013 e solo grazie alle “punzecchiature” di Claudia.
Claudia, non è solo sua moglie, ma di fatto è anche la sua miglior compagna di cordata.
Claudia aiuta tantissimo Nicola specie sulle vie lavorate, che richiedono di crederci nel progetto e di non perdersi fra un tentativo e l’altro, in altre parole di “esserci con la testa”. Ed è grazie alle sue insistenze che Nicola, nella maturità degli anni, riesce a portarsi a casa realizzazioni una volta impensabili.
Pur non avendo il livello di Nicola – Claudia è costretta a risalire la corda a colpi di jumar per stare dietro al marito – l’intesa tra i due è fortissima e fa trovare a Nicola la miglior concentrazione per affrontare le salite più impegnative.
Claudia rammenta ancora l’emozione della prima ripetizione della via “Spirito Selvaggio” (8a+) alla Codula di Luna in Sardegna ed anche la profonda esperienza di una salita, o meglio risalita in jumar, della via “Come to Derwish” sul Guvercinlik in Turchia dove nei traversi si è messa a piangere per la disperazione.
Per Nicola, la ripetizione classica più prestigiosa e significativa, al di fuori delle solite Dolomiti, è la via del Pilone Centrale del Freney sul Monte Bianco, effettuata durante il corso guide assieme a Marco Heltai e Giona Galloni nel 1999.
Fra le tante falesie di Verona, Nicola è legato al “Sipario delle Ombre”, un autentico gioiellino creato con Sergio Coltri ed il fratello Emanuele, ma soprattutto a Stallavena, il primo amore, a cui è particolarmente affezionato e dove ritorna con allievi e per il proprio piacere personale.
Oggi nel giro dei giovani scalatori, Stallavena, che è stata la nave-scuola di tutti noi, è sicuramente snobbata, da regina è diventata la cenerentola; sento le nuove generazioni che la chiamano con disprezzo “Stallaunta”, eppure vi potrà capitare di trovare uno scalatore da 8c come Nicola che, contento, sale a ripulire le vie strappando le erbe e gli arbusti che crescono indisturbati. Seguiamo quindi il suo esempio!
Gli scalatori che hanno influenzato, ed avuto un ascendente, in Nicola sono stati Lino Ottaviani, Giampaolo Perini ed il fratello Emanuele. Poi uscendo dalla cerchia veronese, i due Patrick Edlinger e Berhault sono stati fonte di ispirazione.
Molto probabilmente Nicola Sartori è stato il primo scalatore di Verona ad essere sponsorizzato: ecco nel 1990 il contratto con La Sportiva per le scarpe e successivamente con Vaude, Marmot ed ora con Salewa per l’abbigliamento.
Cerchiamo di capire i punti di forza e di debolezza di questo fuoriclasse, sapendo che con Nicola le domande dirette sono assai difficili da gestire… infatti subito Nicola si chiude nelle spalle e non risponde, ma poi ammette che la forza nelle dita, il fisico leggero ma soprattutto la sua leggendaria capacità di movimento gli consentono di arrivare a certi traguardi. Le sue aree di miglioramento riguardano invece i grandi tetti che soffre e che grazie alla scuola di Ceredo è riuscito a migliorare ed il fatto di dover essere “punzecchiato” come dice lui, ieri da Emanuele, oggi da Claudia, per poter essere spinto sulle alte difficoltà.
Nicola non ha rimpianti per quello che non ha fatto, è veramente soddisfatto del suo percorso sempre divertendosi al massimo. Un sogno nel cassetto forse sarebbe quello di aprire una via con la sua Claudia in qualche bel luogo sperduto nelle Dolomiti.
Una peculiarità del carattere di Nicolino quella di essere molto rispettoso nei confronti delle altre persone e, quindi riesce ad andare d’accordo con tutti: arrabbiarsi con lui è praticamente impossibile. E per questo riesce a scalare e a mantenere rapporti distesi e progetti aperti, ad esempio, sia con Nicola Tondini che con Rolando Larcher, che potrebbero essere due leader in competizione fra loro. Lui invece ha un’ottima capacità di adattamento.
Ma Nicola quanto è ambizioso? Anche se non lo dà a vedere, lo è, poco, ma lo è.
Dove si è focalizzato ha portato i risultati. Non è ambizione questa? Certo ma è un’ambizione a modo suo.
Non gli piace darlo a vedere. Non gli piace apparire. Non gli è mai interessato. Preferisce stare in ombra ed assecondare il suo carattere. Se deve competere per una linea per un nuovo itinerario… no questo non gli interessa e allora rinuncia. Ovviamente fare serate o salire su un palcoscenico non è certamente la sua aspirazione.
Il concetto di montagna e di parete ideale per Nicola Sartori è rappresentata da “Le Tose” in Ambiez sul Brenta: una bastionata ed una sequenza di cime a sud della cima di Pratofiorito caratterizzate da specchi spaziali di ottimo calcare grigio, molto simile al gruppo del Ratikon in Svizzera.
Lo chiedo due volte a Nicola: ma come, hai arrampicato dappertutto dalla Marmolada allo Yosemite passando dalla Turchia e mi dici “Le Tose” che non ho mai sentito nominare in tanti anni di frequentazione dolomitica?
Questa risposta rispecchia esattamente lo spirito ed il carattere di Nicola, fuoriclasse che preferisce stare in ombra, lontano dai riflettori, per trovare, tranquillo, la propria dimensione nella selvaggia natura verticale come sono le sue vie aperte in val delle Nogare sul Monte Baldo.
Chiudiamo questa “bio” con un significativo racconto raccolto pochi giorni dopo la performance di Nicola su “La bestiaccia”, una via che è riuscito a “liberare” nel 2016 e che ha dovuto aspettare sino a fine febbraio 2024 prima di ricevere la prima ripetizione ad opera di Leonardo Meggiolaro.
“La zecca è un animale fastidioso, quasi invisibile e, nei periodi più caldi dell’anno, praticamente onnipresente. Quando si va a scalare, tra cespugli e sottobosco, il pensiero di ritrovarsela attaccata addosso è abbastanza ricorrente. Un pensiero davvero “fastidioso”! Per me, la zecca è proprio una bestiaccia: ne percepisci continuamente la presenza, ma il più delle volte la bella stagione passa senza che se ne sia mai palesata una.
Così è “La Bestiaccia”, 8c di 55 metri su roccia strabiliante: un pensiero ricorrente, a volte fastidioso, sicuramente pressante. Almeno fino a due settimane fa.
La storia di questa via comincia negli anni ’80 quando, insieme al Lele, Coltri e Laiti, si andava a scalare al Sengio. Avevo individuato questa linea bellissima su un muro stupendo e mi dicevo: “qui sarebbe da chiodare un tiro davvero incredibile!” Ma i tempi, allora, non erano ancora maturi e lasciai perdere.
Il pensiero di quel muro non mi ha mai abbandonato. Così, nel 2001, ci tornai per chiodare: in due giorni avevo finito di realizzare quella che, per me, è una delle più belle vie di arrampicata sportiva che abbia mai chiodato. Un muro leggermente striato, grigio-azzurro e giallo, alto 55 metri. Un viaggio indimenticabile!
Cominciai a provarla e subito liberai la prima parte: 35 metri, 8a+/b.
Poi lasciai stare per molto tempo, dedicandomi ad altri progetti. Ma la “bestiaccia” era sempre lì, una presenza fastidiosa e insistente…non c’era verso di scacciarla! Mi ronzava sempre in testa.
Dovevo liberarmene. Dovevo liberarla.
Dopo il 2001, le mie apparizioni al Sengio furono sporadiche: in un paio di occasioni sono riuscito a sfiorare l’appiglio ”incriminato”, poi niente. Tornavo a casa con le orecchie basse.
Fino a due settimane fa: in una primaverile giornata di inverno, con un cielo perfettamente azzurro ed un sole che incoraggiava all’impresa, ho finalmente superato l’appiglio incriminato, proseguendo il mio incredibile viaggio, fino alla catena.
Me ne sono liberato, l’ho liberata! Un grazie speciale va alla mia Claudia, che ci ha sempre creduto, anche più di me.”
Massimo Bursi