Miracolosamente

Due arrampicatori, due periodi storici diversi. Gli anni trenta del secolo scorso e gli anni venti di questo secolo: Arrigo Littorio e Giovanni SoCool.

Il primo sa e ostenta di più di quel che sa. Il secondo non sa nulla e mostra di più del primo. Dialogano tra di loro con licenze poetiche temporali e… tecnologiche: non c’è una morale, è solo un gioco narrativo.

Sprezzante di qualsivoglia pericolo, Arrigo Littorio si dirigeva verso la solitaria parete nord dell’imponente montagna con passo veloce e potente, a comprovata dimostrazione del vigore dei suoi giovani muscoli.

Solitario e impavido.

Giunto alla base dell’aggettante parete iniziava la temeraria ascensione, confidando nella forza delle sue membra plasmate dall’Alpe.

Superava la fessura strapiombante con la tecnica di Hans Dulfer. Attraversava la cengia detritica e raggiungeva l’umido e muschioso camino, che superava con destrezza e padronanza della tecnica arrampicatoria.

Poi, per facili roccette, la vetta era da lui audacemente conquistata.

Tornato a valle, riusciva ‘miracolosamente’ ad ottenere dal centralino la chiamata per Giovanni.

“Caro Giovanni, ti comunico, traboccante di orgoglio, che ho vinto la parete anelata da plurimi anni. Ho reso l’impossibile realtà e certamente posso vantarmi della gloria che la mia audace impresa procurerà alla Patria.

Ho superato la fessura strapiombante, insidiata da friabili appigli bolscevichi, e, con sforzi impressionanti e il timore di una scivolata fatale, ho guadagnato l’agognata cima grazie al mio possente fisico, temprato dalle tante vittorie contro l’Alpe.

Non Gianbattista Vinatzer o Emilio Comici, ma Io, Arrigo Littorio, sono, senza alcun dubbio, l’acclarato protagonista del superamento del sesto grado superiore.

Giunto in vetta ho piantato la bandiera tricolore, ho guardato l’orizzonte conscio della magnificenza della mia impresa, io, onore e orgoglio della Nazione”.

Giovanni SoCool spunta dal bosco spostando con le mani, quasi infastidito, le fronde di un carpino nero e di un frassino orniello. Accompagnato da due “sbarbini” appare al cospetto degli altri arrampicatori sotto la falesia strapiombante: sguardo duro da climber navigato e atteggiamento supponente.

Si scalda a terra con un elastico e con esercizi di pilates.

Serio e concentrato, sempre “so cool”.

Estrae il telefono e ‘miracolosamente’ videochiama Arrigo: “Ciao Vez, adesso faccio un paio di “trai” su un 7a+, capisco la “metod” e poi lo stampo”. Guarda la parete e inizia a gesticolare per assimilare le “moves”. Sembra l’interprete del linguaggio dei sordomuti, quello accanto al presentatore del telegiornale.

Serio, concentrato e super pro…SoCool.

Parte, si appende a ogni rinvio, segna con unsassettodimagnesioognipresaeogni appoggio, estrae il “Beta Stick” e riesce sempre a rinviare lo spit successivo… mentre è appeso al precedente.

Si lamenta per un ciuffetto di parietaria, che occupa un buchetto, ma si guarda bene dal pulire la parete.

Poi si tira su dalla corda e urla all’assicuratore “blocca!”.

Si aggancia a un rinvio, si fa dare corda e con il bastone riesce a moschettonare lo spit tre metri sopra: così fino alla catena.

Poi, una volta arrivato a terra e sotto gli sguardi esterrefatti degli altri arrampicatori, dichiara: “Settimana di scarico e comunque non sono nel “mud” giusto, non sento il “flo” e con sto caldo mi fanno male le scarpette”.

Poi ‘miracolosamente’ richiama Arrigo: “Vez, adoro, la via è tranqui, la prima “sescion” è una scala, sarà al massimo 6a, poi c’è il crux con una “muv” morfologica e poi un “daino” che non riesco a prendere… l’unica “muv” che non ho assimilato…Ma col cazzo che è 7a+…sarà al massimo 6c. Adesso ti saluto perché devo postare sui social la “stori” se no i miei “follouers” si preoccupano”.

Epilogo ‘miracoloso’.

Arrigo: “Giovanni, ma perché non sei riuscito a mangiare il daino?”.

Giovanni: “Arrigo, ma perché gli appigli della fessura erano bolscevichi?”.

Fine.

Tommaso Dusi


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