È nata un po’ così.
In redazione si sognava a voce alta: “dai che proviamo, in fondo, se piace a noi, se dice qualcosa a noi, potrebbe essere che ne esce una bella serata”.
Poi, due voci “educate” si sono offerte di leggere i nostri “sproloqui”, i nostri “vaneggiamenti”.
E tutto ha avuto inizio.
Margherita Sciarretta e Walter Peraro hanno dato voce ad alcuni brani tratti dai primi tre numeri di RockBook “la falesia di carta”. Sotto la guida di Paolo Gaeta è andata in scena una serata inattesa che ha portato a spasso l’immaginazione di una sala gremita.
Sulle vibrazioni prodotte da questi artisti capaci di esaltare il più straordinario strumento musicale, di cui tutti siamo in possesso, un’intera sala si è sentita trasportata nel 1993 sul passo chiave di un itinerario iconico di Ceredo, nei timori di un arrampicatore dell’est alle prese con la “sud della Marmolada”, nei pensieri nati sulle note di Rino Gaetano avendo in mente una foto d’arrampicata, in un tempo di mezzo improbabile tra il fascio littorio e l’hashtag #socool.
Sul finale, in crescendo, una lettura a due voci ha chiuso la serata sulla “placca del forte”. Le parole scritte da Maurizio Marogna, fatte vibrare da Margherita e Walter, hanno eliminato i confini tra ciò che chiamiamo follia e la presunta normalità.
Insomma: è andata bene, segno che in questo ambiente c’è posto anche per queste serate.
Perché l’associazione non è solo “ferramenta” o pulizia dei sentieri. È anche lo sviluppo di una facoltà percettiva, di uno sguardo interiore che non si acquista con i titoli di studio, che anzi rischiano di soffocarla. Una capacità che si incoraggia sognando insieme, così come è successo nella sala del King Rock.
E sognare è “trovarsi altrove” anche se fisicamente si è nell’abituale palestra o nella solita falesia. Nastassja Martin*, non certo Gelindo Dapreabocco, scrive che i sogni “permettono agli uomini di orientarsi durante il giorno, perché danno un’indicazione sul tono dei rapporti futuri. Sognare insieme significa essere informati”.
E mentre le voci di Margherita e Walter si inoltravano nei testi, la platea si avventurava in un percorso emotivo dove gli incredibili e fantasiosi intrecci narrativi svelavano la complessità e la bellezza di quello che troppo spesso banalizziamo e riassumiamo nelle nostre routine che portiamo anche in falesia.
In quel mentre ho pensato: sì, l’unica evoluzione sostenibile è questa, saper tornare con occhi nuovi sul passato e sulla sua scontata ripetizione. Allentare il nodo che ci lega a quanto è accaduto e accade, iniettando un pizzico di follia, di sogno, possibilmente collettivo.
Ed era questo che in quella sala stava accadendo.
Andrea Tosi
*Nastassja Martin, Credere allo spirito selvaggio.